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CHIODI, COLLA...O AMORE?


Oggi vorrei parlarvi dei metodi per saldare, attaccare, incollare.

Non è un articolo di bricolage, piuttosto una riflessione sulle motivazioni delle nostre scelte più importanti.

E scopriremo insieme che il metodo scelto può condizionare la vita intera.



Sto parlando delle croci, più o meno piccole, che si presentano nella vita di ognuno di noi: alcune senza preavviso e senza uno scopo apparente; altre, invece, arrivano su richiesta: andiamo a prenderle proprio noi, noncuranti delle conseguenze che in seguito porteremo sulle nostre spalle.


Le croci sono di moltissimi tipi: una malattia invalidante, una persona disabile da accudire, una difficoltà economica, una relazione difficile con il proprio coniuge o con i propri familiari;

oppure più semplicemente sono croci nate da periodi particolarmente impegnativi sul lavoro, impegni gravosi con la famiglia numerosa ed esigente.


O ancora le croci sono nate da un lutto che non si riesce ad elaborare, o da una separazione lacerante, da una rottura di un legame fondamentale.

Oppure ci sono croci molto pesanti, date da disturbi spirituali che non ci fanno vivere nella pace.


Insomma, ci sono davvero croci di ogni tipo.


La domanda che mi sono posta in questi giorni è:

“Cosa ci tiene attaccati alla croce?”

Noi conosciamo diversi uomini che hanno lasciato la moglie dopo la nascita del figlio disabile: croce troppo pesante, grazie, ma ne faccio a meno. Pensaci tu che sei più forte di me.

Ma non sempre, grazie a Dio, è così facile decidere di rinunciare alla croce.


A volte restiamo attaccati ad essa, ma con quale obiettivo?

E soprattutto con quale "tecnica" di incollaggio?

Non sempre i metodi funzionano, perché vedremo che l’adesivo più efficace è soltanto uno.


Ci sono relazioni che resistono nel tempo, nonostante le difficoltà sempre più pressanti. A volte ci sentiamo dire: ovvio che i miei genitori si amano, sono insieme da quarant’anni!

Purtroppo non è un’equazione valida: tempo di resistenza = livello di amore.

Il semplice “stare insieme” potrebbe essere solo la conseguenza di una grande capacità

di adattamento, di resistenza oppure, per usare un termine per me urticante, di “resilienza”.


Questi sposi sono insieme da tanti anni, ma sono davvero in comunione?

Si sostengono, si stimano, spendono la vita una per l’altro? Giorno dopo giorno stanno crescendo nell’amore? Vivono nella pace che ritrovano dopo ogni battaglia a cui ciascuno di noi è sottoposto fino alla fine dei giorni? Sono operatori di pace?


Se la risposta è no, significa che il loro stare insieme dipende da un metodo di “adesione”.

Vediamo il primo: LA COLLA


1.       Cosa ti tiene attaccato alla croce? La colla?

Se ciò che tiene uniti due sposi (o una persona ad un’altra, perché la deve accudire), è la colla, significa che hanno una relazione di co-dipendenza.



In questo tipo di relazione non c’è un equilibrio tra bisogno di vicinanza dell’altro e bisogno di autonomia, ma piuttosto una relazione del tipo “ti amo perché hai bisogno di me”.


Quante donne soffrono della “sindrome da crocerossina”? Si prendono cura di soggetti bisognosi, si lasciano toccare il cuore dalle di lui sofferenze e lamentazioni, poi si sentono investite della carica di dispensatrice della salvezza.

Con conseguente fallimento futuro della relazione.


Ragazze! Se incontrate un aspirante fidanzato, guardate il trailer del vostro futuro: quel ragazzo potrebbe essere un futuro marito responsabile, un padre affidabile, una roccia su cui contare?

Se lui fa discorsi del tipo “Tu non sai quanto soffro…”, la risposta deve essere “In effetti no, ma non lo voglio nemmeno sapere. Grazie e arrivederci”.


Ricordatevi sempre che il fidanzamento è un tempo di prova.


Lo stesso discorso vale per i maschi: una donna che vive nella valle del lamento e nell’autocommiserazione, potrà mai sopportare in futuro il peso di una famiglia o di una casa e affrontare con equilibrio le tempeste che certamente verranno?

Anche per voi vale lo stesso consiglio. Cambiate aria.


Come ama un co-dipendente, quindi? 


Nei rapporti di coppia co-dipendenti siamo di fronte alla ripetizione di schemi che alimentano il senso di impotenza, una scarsa autostima e, in definitiva, l’impossibilità di crescita per entrambi i partner: ci sono io, tu sei fragile, lascia fare a me. 


Così l’altra persona si convince sempre più di non poter crescere, di non valere nulla e di avere sempre bisogno dell’altro per sopravvivere.


Conosco due sorelle che vivono in questa situazione da moltissimi anni. Ciascuna delle due si è preclusa la possibilità di formare una famiglia a causa di questo rapporto di co-dipendenza, in cui le due donne rivestono i ruoli di salvatore e di vittima.


Il comportamento del co-dipendente, sebbene nasca con l’intento d’essere di supporto, finisce per trasformarsi in un tentativo di manipolazione affettiva e di controllo del partner. Possiamo chiamarlo amore?


Le cause di queste dinamiche relazionali problematiche sono sicuramente da ricercarsi nelle ferite ricevute durante l’infanzia: esse generano sfiducia nelle relazioni, mancanza di autostima o desiderio di controllo, a causa dell’abitudine a confidare in nessun altro se non in se stessi.

Insomma, la colla come metodo di adesione alla croce non ci permette di amare.


2.     Cosa ti tiene attaccato alla croce? I chiodi?

Un’altra causa di adesione alla croce possono essere i chiodi.

Non vi è altra possibilità

Facciamo degli esempi: Sono “inchiodato” in questa relazione perché non ho scelta. Se dovessi lasciare mia moglie sarei un barbone, il divorzio mi ridurrebbe sul lastrico e lei mi impedirebbe di vedere i nostri figli…


Subisco questa relazione perché ho paura di restare da sola, allora stringo i denti, sopporto tutto il male che mi fa, perché l’alternativa è la solitudine, che mi fa paura.


Sto in questo ambiente di lavoro perché non ho alternative. Non mi piace, non vado d’accordo con i colleghi, mi sento sotto stimato, ma non ho scelta.


Accudisco mio padre anziano perché non c’è posto in casa di riposo e non ho il denaro per permettermi una badante. Non ho scelta.


Per poi finire con una storia vera:


Continuerò a servire mio marito e mia figlia senza lamentarmi, fino a quando lei compirà 18 anni. Stringerò i denti e aspetterò in silenzio: mancano solo pochi anni. Poi finalmente sarò libera e me ne andrò.

Alla fine quella donna è sparita davvero, lontana dalla croce, lontana dalla salvezza: nessuno sa dove sia finita.


Insomma, anche i chiodi come metodo di adesione alla croce non ci permettono di amare.

Ma allora??? Cosa resta? Il biadesivo, il silicone, il saldatore????


No. resta l’amore.

Sant'Agostino ci viene in aiuto con una sua incontrovertibile intuizione spirituale:

Non sono stati i chiodi a tenere Gesù sulla crocema il suo Amore per noi”.

 

Ecco il segreto per vivere la croce, qualunque essa sia, senza lasciarci schiacciare da essa.

Sant’Agostino non parla di amore in generale, ma del SUO amore.


L’amore come lo intendiamo noi è variabile e condizionato, ha la data di scadenza e il diritto di recesso. Tende a manipolare, plasmare a propria immagine.

Non ha rispetto per la libertà dell’altro e vuole solo ricevere; oppure è capace anche di dare, ma in cambio vuole altro: ti amo se tu mi ami, se sarai docile, gentile, rassicurante, volenteroso, amorevole, ecc. ecc.


Gesù ci dice:




ti amo anche se tu non mi ami, anche se ti dimentichi di me, anche se non ti rendi conto del male che mi fai ferendo i tuoi fratelli.

Anche se non saprai mai quanto ho sofferto per te sulla croce, per liberarti dal peccato a cui tu ti ostini a rimanere attaccato.

Ti amo che se tu dovessi rifiutarmi fino alla fine, anche quando bestemmi il mio nome.

Ti amo anche quando sei immerso nel peccato.

Ti amo anche quando mi ritieni ingiusto o malvagio, sordo alle tue preghiere.

Ti amo anche quando ti ritieni migliore di me, quando sei impaziente o quando mi tratti come una macchina a gettoni: ho inserito le preghiere, adesso voglio il risultato.

Non aspetto che tu diventi perfetto per amarti. Ti amo e basta. Ti amo da morire.

Ti amo così come sei ma ti voglio felice.

E se tu non ti lascerai amare da me, non lo sarai mai.

 

Signore Gesù, grazie per il tuo amore per me. So che io non sono capace di amare.

Donami il tuo amore, insegnami ad amare, così che io possa vivere ogni istante della mia vita con Te, ogni situazione insieme a Te, ogni relazione amando come Te.

E che io possa restare attaccato alla croce, portandola insieme a Te, con amore e per amore Tuo e dei miei fratelli.


 
 
 

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